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ANTROPOCÈNE, Proiezione immersiva piano terra
(a cura di Carlo Lai, creazione contenuti 3D; Barbara Pirisi, elaborazione digitale immagini e animazioni; Valentino Nioi, regia, sceneggiatura e video design). Il termine Antropocène, viene inventato nel XXI secolo per definire l’epoca geologica in cui l’ambiente terrestre è fortemente condizionato dagli effetti dell’azione umana. A partire dalla seconda rivoluzione industriale, l’impatto umano sugli ecosistemi è progressivamente aumentato traducendosi in alterazioni sostanziali degli equilibri naturali. Ciò che vediamo in questa proiezione è un luogo dominato (e peggiorato) dall’uomo, uno scenario in cui si percepisce inesorabilmente la presenza del suo passaggio. Un’esperienza immersiva per il pubblico, che documenta l’indelebile impronta umana e lo interroga sul valore della bellezza dell’arte. In questo contesto immaginario e rivelatore solo l’arte sembra resistere per riprendere vita. Il pubblico è invitato a mettersi in gioco con il proprio corpo, i sensi e il pensiero, un processo essenziale per comprendere la direzione da intraprendere per il futuro.

Opere selezionate:

Collezione Ingrao

CAMILLO INNOCENTI, Ritratto Femminile

CARLO SOCRATE, Ritratto del figlio Mario, 1936

CARLO SOCRATE, Ritratto Femminile, 1945

DEIVA DE ANGELIS, Ragazza con fazzoletto rosa

ANGELO INGANNI, Ritratto di signora

Collezione pittori sardi

FELICE MELIS MARINI, Vecchia fioraia, 1907

MELKIORRE MELIS, Donna campidanese

Collezione Ugo Ugo

CIPRIANO MELE, Composizione, 1970

ENRICO SIRELLO, Variazione da matrice, 1971

GETULIO ALVIANI, Superficie a testura variabile, 1962/1972

IL SUONO DELLO SPAZIO

(a cura di Sandro Mungianu e Fabrizio Casti) La luce e la sua assenza, le linee ortogonali, questi sono gli elementi visivi dell’opera “Spazio elastico” che Gianni Colombo realizzò per la prima volta a Graz nel 1967. Corde immerse nel buio che evocano la presenza di pareti, alterando la nostra percezione dell’orizzontalità o della verticalità. Quando gli occhi, abituati all’oscurità, d’istinto cercano un appiglio, trovano un punto di approdo nelle linee fluorescenti degli elastici bianchi. Se lo spazio elastico appare intangibile, la nostra esperienza si fa invece sempre più concreta man mano che lo esploriamo. In questa versione multisensoriale dell’opera, gli elastici possono essere pizzicati e diventano così parte di un’enorme arpa che metterà in funzione i servomotori che operano sulla cordiera di un pianoforte. Dello strumento rimane però solo la struttura spoglia, la cassa di risonanza è sostituita dal buio dello spazio, in questo modo tutta la torre risuona e noi che il suono lo generiamo siamo dentro lo strumento stesso. La robotica diventa una protesi utile a superare il potenziale naturale del nostro corpo, ci porta a ragionare sul fatto che l’interazione tra uomo e macchina si autodetermina attraverso un processo di evoluzione interdipendente: dipendiamo dalle macchine perché le progettiamo e le realizziamo per far fronte alle nostre necessità, conseguentemente orchestriamo la nostra vita e i nostri comportamenti per soddisfare la società tecnologica che abbiamo creato.
Opera selezionata : G. COLOMBO, Spazio Elastico, 1965-67

IMMAGINI SONORE

(a cura di Roberto Musanti video, suoni e interaction design e Roberto Zanata video e suoni)

Questa installazione interattiva nasce dall’idea di investigare il possibile rapporto che si crea tra immagine, suono e sistemi informatici-tecnologici. Le immagini digitali utilizzate sono rappresentazioni delle opere della Collezione Ugo Ugo. L’impiego di mezzi digitali nella valorizzazione di opere artistiche consente di modificarne sensibilmente l’aspetto estetico rendendole dinamiche e personalizzabili.

Dinamiche, perché in grado di rispondere a un cambiamento di flusso di dati generando così visuali complesse e processi astratti. Personalizzabili, in virtù della loro predisposizione ad adattarsi al singolo fruitore e alle proprie sinestesie. Lo scopo è quello di far diventare in questo modo il pubblico sempre più partecipe e sempre meno contemplatore.

L’installazione può essere fruita alternativamente in maniera interattiva o meno, lo spettatore è invitato a modificare attraverso i suoi movimenti e gesti le immagini rappresentate.

Opere selezionate:

ENRICO DELLA TORRE, Testa, 1968

LIA DREI, A7, 1968

FRANCESCO GUERRIERI

ERMANNO LEINARDI, Tensione regolare, 1970

FAUSTO MELOTTI

ENRICO SIRELLO, Variazione da matrice, 1971

VALERIANO TRUBBIANI, Idi di marzo, 1, 1970

VALENTINO VAGO, D. t., 1977

CLAUDIO VERNA, Costruzione sul verde, 1969

GERALD WOODS, Aspettare è ancora occupazione, 1968

QUESTIONE DI SGUARDI

(a cura di Fabrizio Casti, Valentino Nioi e Sandro Mungianu) L’esperienza dello sguardo è una relazione, il soggetto (colui che vede) e l’oggetto (ciò che viene visto) sono uniti nell’attimo della visione. Abitualmente nell’atmosfera contemplativa delle sale del museo il visitatore percorre le sale posando il proprio sguardo sulle opere. Il museo, grazie all’incontro con opere statiche, immagini ricche di storie e significati, può essere lo spazio ideale per esercitare un’osservazione attenta e superare la fretta del consumismo visivo che caratterizza l’epoca contemporanea. Questa installazione multimediale presenta un’inversione dirompente del punto di vista, le opere ci restituiscono il loro sguardo e siamo noi visitatori a diventare protagonisti. Le immagini agiscono su di noi e noi agiamo sulle immagini, scrive Anaïs Nin a questo proposito: “Non vediamo le cose come sono, vediamo le cose come siamo”.

Opere selezionate:

AMISANI, N.ATTANASIO, U. BOCCIONI, N. CAFFE’, A. DE CAROLIS, F. CASORATI, D. DE ANGELIS, E. EDERLEYI, INGANNI, G. JANNI, M. MACCARI, G. MALDARELLI, E. NOTTE, O. ROSAI, C. SOCRATE, E. ZARZA, e altri.